Essere gentili con se stessi: ecco perché dovresti iniziare subito

Quando è stata l’ultima volta in cui sei stato gentile con qualcuno?

E quanto invece l’ultima in cui lo sei stato con te stesso?

Con ogni probabilità la tua risposta alla prima domanda è molto più positiva rispetto che nel secondo caso. 

Essere gentili con sé stessi porta numerosissimi vantaggi in termini di benessere psico-fisico, eppure tutti ci insegnano ad essere gentili con gli altri, ma nessuno ad esserlo con noi stessi. 

Prima di comprendere ed imparare ad applicare l’auto compassione, soffermiamoci sui motivi per cui varrebbe la pena intraprendere questo percorso.

La gentilezza è in grado di attivare un circolo virtuoso estremamente potente, al punto da attivare il rilascio di serotonina e ossitocina, rispettivamente noti come ormone della felicità e dell’amore. 

I suoi benefici si estendono anche alla sfera della salute fisica. Le ricerche svolte in questo campo da Lyubomirsky e i suoi colleghi hanno mostrato come a comportamenti gentili fosse correlato un cambiamento positivo dell’espressione genica, a sua volta associato a miglioramenti immunitari. 

Eppure, non è finita qui: i benefici aumentano ulteriormente nel momento in cui impariamo a dirigere queste abilità compassionevoli verso noi stessi. L’auto compassione, infatti, è una potente fonte di coping e di resilienza ed è correlata ad una maggiore tendenza ad attivare cambiamenti significativi per la propria vita (Neff et al., 2007). 

Essa è associata ad una maggiore soddisfazione di vita ma anche a felicità, ottimismo ed estroversione (Neff, 2003; Neff et al., 2007). 

Oltre a potenziare tutti questi aspetti, la self-compassion agisce da fattore protettivo rispetto all’ansia e a tre stili cognitivi maladattivi: perfezionismo patologico, ruminazione e autocriticismo (Neff, 2011). 

Che cosa significa essere gentili con sé stessi

Ma cosa significa realmente essere gentili con sé stessi?

Proviamo a capirlo attraverso una delle principali teorie sull’origine della self-compassion. 

L’essere umano possiede un’attitudine naturale a prendersi cura dell’altro, ma anche a ricercare cure. Secondo Gilbert (1989) queste due modalità relazionali possono essere attivate non solo con gli altri esseri umani ma anche verso di noi, ed ecco che la self-compassion può essere vista come un modo di entrare in relazione con sé stessi. 

Si tratta di dirigere verso di noi le abilità di accudimento che tendiamo a mettere in campo con le altre persone. 

La gentilezza autodiretta non corrisponde alla stima di sé, anche se le due possiedono alcuni punti comuni. L’autostima viene alimentata dal confronto con gli altri e dalla valutazione delle proprie performance. Al contrario, la self-compassion ci spinge ad accettare noi stessi anche di fronte al senso di inadeguatezza, a trattarci gentilmente anche in caso di errore.

Essere gentili con sé stessi attiva un senso di stabilità interna riguardo il proprio valore, nel caso dell’autostima, invece, la percezione del valore di sé è dettata da parametri esterni alla persona, più facilmente mutevoli (Neff, 2011). 

Inoltre, la self-compassion è associata ad una tendenza inferiore alla catastrofizzazione e alla collera, legame che non è stato rilevato nel caso dell’autostima (Neff, 2011).

Da dove si può iniziare?

Ora che abbiamo compreso tutta la potenza insita nella gentilezza, vediamo quali passi concreti si possono intraprendere affinché la self-compassion entri a far parte del nostro repertorio di azioni quotidiane.

Secondo Kristin Neff (2003) l’auto-compassione è generata da tre componenti: 

  • La tendenza a trattare sé stessi in modo gentile, ovvero, adottare un dialogo interno positivo e non auto colpevolizzante, mettendo in campo la stessa comprensione che riserveresti ad un amico.  
  • La consapevolezza dell’imperfezione umana: abbracciare l’idea che nessun essere umano è né sarà mai perfetto ci permette di alleggerire il carico di aspettative che ci auto-carichiamo sulle spalle. Solo così il fallimento, il senso di inadeguatezza e perfino i nostri limiti potranno essere percepiti come esperienze fisiologiche e dunque accettabili all’interno della nostra vita. Questo passaggio mentale permette anche di aumentare il nostro senso di connessione con il resto dell’umanità, regalandoci una preziosa calma interiore.

Tutti sbagliano, tutti soffrono.

Allora non sono solo nel mio fallimento, allora non sono solo nel mio dolore.

  • La mindfulness: essere immersi nel momento presente è la condizione imprescindibile per divenire compassionevoli verso sé stessi. Senza la presa di consapevolezza della sofferenza non si può intraprendere il percorso di  accettazione e dunque di superamento di questo stato emotivo negativo. 

Al contrario, se sono in grado di osservare il dolore provato a seguito di un fallimento o di un senso di inadeguatezza, potrò essere in grado di accogliere questo sentito per poi lasciarlo scorrere via, senza giudizio né senso di colpa.

Assumere un atteggiamento mindful significa smettere di invalidare o nascondere le emozioni negative, per abbracciarle ed essere finalmente pronti a lasciarle andare. 

Ricapitolando, ecco i primi passi da muovere per imparare la gentilezza verso te stesso:

  1. Allenati a riconoscere il valore che è presente in te e nelle tue azioni, comprese le più semplici. Parla a te stesso con il medesimo amore e cura che metteresti in campo nella comunicazione con chi ami; ringraziati e celebra i tuoi traguardi: “Sono fiero di me”, “Sono in gamba” o ancora “Ce la posso fare perché ce l’ho sempre fatta”.
  1. Smetti di colpevolizzarti a causa dei tuoi limiti o errori, ricordati che essi sono parti integranti dell’esperienza umana e quindi accomunano ciascuno di noi. 

Quante volte hai sorpreso te stesso nel dirti: “Proprio non ne fai una giusta!” ? La prossima volta prova a dirti: “Mi dispiace molto per me, alla prossima occasione saprò fare di meglio!” e osserva come questo cambio ti farà sentire. 

  1. Rimani ancorato al momento presente. Concentrati sulle sensazioni fisiche piacevoli, anche le più piccole, come il calore della tazza di tè fumante che tieni tra le mani o il sapore di quel piatto che tanto ti piace. 

Tutto ciò che ti serve è già dentro di te, si tratta solo di riuscire a portarlo alla luce.

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Bibliografia: 

Gilbert, P. (1989). Human nature and suffering. Erlbaum.

Neff, K. (2003). Self-compassion: An alternative conceptualization of a healthy attitude toward oneself. Self and Identity, 2(2), 85–101.

Neff, K. D., Rude, S. S., & Kirkpatrick, K. L. (2007). An examination of self-compassion in relation to positive psychological functioning and personality traits. Journal of Research in Personality, 41(4), 908–916.

Neff, K. D. (2011). Self‐compassion, self‐esteem, and well‐being. Social and Personality Psychology Compass, 5(1), 1–12.

Zucchini, L. (2022). Il coraggio di far fiorire le tue risorse: una nuova via per la tua realizzazione. Red edizioni.

Lara Zucchini

Psicologa per il benessere a Crema e online in tutto il mondo, docente universitaria, Speaker di Psicologia Positiva.

Di cosa mi occupo

My Inner Experience

Un viaggio dentro e fuori di sé per vedere, esplorare e sentire le proprie risorse, al fine di agirle nella propria vita.

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